È stato condannato a tre anni l’ammiraglio Felicio Angrisano, ex comandante della Capitaneria di porto di Genova ed ex comandante generale della Capitanerie nell’ambito del processo sulla collocazione della torre piloti, la struttura crollata il 7 maggio 2013 per l’urto della Jolly Nero provocando la morte di nove persone. Gli imputati sono ex progettisti, datori di lavoro e dirigenti che approvarono il progetto della torre. Il processo sulla costruzione è nato grazie alla tenacia della mamma di Giuseppe Tusa, una delle vittime. La procura aveva inizialmente chiesto l’archiviazione ma la donna si era opposta e il gip aveva ordinato al pm nuovi accertamenti.
Oltre ad Angrisano sono state condannate altre sei persone mentre cinque sono state assolte. Le altre pene riguardano in particolare: Fabio Capocaccia, ex commissario del Comitato autonomo portuale, condannato a due anni (il pm aveva chiesto tre anni e quattro mesi); un anno e sei mesi per Angelo Spaggiari, strutturista (due anni e sei mesi); due anni per Paolo Grimaldi, ingegnere (quattro anni); un anno e sei mesi per Ugo Tomasicchio, ex presidente della sezione del Consiglio superiore dei lavori pubblici (tre anni e quattro mesi); un anno e sei mesi per Mario Como, strutturista (tre anni); un anno per Giovanni Lettich, della Corporazione piloti (tre anni). Le persone assolte sono: Paolo Tallone, ufficiale della capitanerie di porto (un anno e quattro mesi); Sergio Morini, anche lui della Corporazione piloti (un anno); Gregorio Gavarone, della Rimorchiatori riuniti (due anni), e Roberto Marzedda, anche lui della Rimorchiatori (sei mesi) ed Edoardo Praino, ex funzionario del Cap. Condannate al risarcimento delle parti civili l’Autorità portuale, e i ministeri dei Trasporti e della Difesa. Il giudice ha disposto la trasmissione degli atti al pm per valutare eventuali responsabilità per Alberto delle Piane, ai tempi del disastro amministratore delegato dei Rimorchiatori uniti, e Andrea de Gaetano, ai tempi responsabile affari generali Rimorchiatori uniti.
“Spero che la sentenza possa servire da monito per le istituzioni. A me non interessano le pene, ma le responsabilità che sono state dimostrate. La melma deve uscire fuori dal porto. Bisogna dimostrare anche le responsabilità dei vertici”. A parlare è Adele Chiello, la mamma di Giuseppe Tusa, una delle vittime del crollo. Grazie alla sua tenacia è partito il processo di oggi. “Questa sentenza – continua la Tusa – deve essere un monito per tutte le istituzioni, un monito per chi fa il furbo e per le istituzioni che devono garantire la sicurezza della vita umana. Se fossi stata zitta qui chi avrebbero condannato?
(FONTE ANSA)